A piedi vicino Castel Sant’Elia
A piedi vicini al sentiero che porta a Castel Sant’Elia. Sullo sfondo il monte Soratte. Siamo nell’interno, vicini a Nepi ed al percorso che da Nepi porta a Calcata.
La principessa senza nome
C’era una volta un coccodrillo…
…scusate, c´era una volta una principessa bellissima coi capelli lunghi biondi ed occhi grandi, verdi come due smeraldi. Viveva con i suoi genitori, il re Costanzo e la regina Sulfana, in un magnifico castello ai piedi di un grande fiume che si chiamava Mitrillo. Era una bella famiglia: il re, la regina e la loro principessa, ma c’era un problema: la principessa era infinitamente triste! Piangeva quando si svegliava la mattina, piangeva quando si incontrava con i genitori nella grande sala da pranzo per mangiare, e piangeva anche quando doveva andare a letto. Insomma, piangeva quasi sempre. La regina non sapeva più che fare, la prendeva in braccio, la baciava, le cantava delle canzoni, ma non c’era niente da fare, la principessa non smetteva mai di piangere.
Un giorno, mentre la regina cullava la principessa nelle sue braccia e la principessa piangeva, la regina le chiese per l’ennesima volta:
“Figliola mia, perchè piangi? Non mi puoi dire perchè? Farei di tutto per farti smettere!” Proprio quel giorno la principessa rispose per la prima volta e disse a sua madre: “Madre, piango, piango perchè non ho un nome. Mi chiamate sempre figliola o fanciulla, ma mai per nome. Perchè non mi avete dato un nome? Tutti i bambini hanno un nome e anche voi vi chiamate Sulfana, non vi sembra un bel nome? Ed io, niente! Ora potete capire perchè sono così triste?”
La principessa ricominciò a piangere e la regina rimase in silenzio per un attimo. Poi si schiarì la voce e cominciò a parlare: “Figliola mia, ti devo confessare un segreto. Quando stavi per nascere ci fu un terribile temporale. Pioveva a catinelle, c’erano fulmini che illuminavano tutto il palazzo e io urlavo per il dolore: ‘Non c’è nessuno che mi aiuta? Non c’è nessuno che mi fa avere il mio bambino senza questa pena?’ Poi successe una cosa strana.
Improvvisamente si aprì la porta ed entrò un gigantesco coccodrillo che disse con una voce rauca e feroce: ‘Io ti aiuterò regina, ma in cambio mi dovrai dare il nome del tuo bambino’.”
“E tu che hai fatto madre mia?”, chiese la principessa. “Io gli dissi di si e poi urlai il tuo nome nella sua bocca spalancata. Il coccodrillo fu contento, chiuse la bocca e sparì. Poco dopo, il temporale cessò e nacqui tu. Eravamo tutti felici ma nessuno, né io né tuo padre il re, si ricordò più il tuo nome. Il tuo nome fu smarrito per sempre.”
La regina smise di parlare e la principessa si alzò. Non pianse più, anzi sorrise, abbracciò la madre, la salutò e partì alla ricerca del coccodrillo.
Il re, che di nascosto aveva sentito tutto, le urlò mentre stava per uscire dalla porta: “Ricordati figliola mia, la strega nera sa tutto. Non è cattiva con i bambini, ti aiuterà!”
La principessa lasciò il palazzo e fu contenta del consiglio del padre. Era vero, la strega nera sapeva tutto e adorava i bambini. Viveva dietro una collina sulla riva del fiume Mitrillo e la principessa decise di andare subito da lei.
Quando arrivò, la streghetta non fu sorpresa di vederla e le disse: “Ti stavo aspettando, ti ho visto arrivare sulla mia sfera magica.
Dimmi, che cosa vuoi da me?” “Voglio sapere il mio nome e vorrei che tu mi dicessi dove si trova il coccodrillo che ha portato via il mio nome?” rispose la principessa. “Ha, ha, ha, ha, nient’altro? E’ facile. Vai a mezzanotte sulla rive del fiume Mitrillo e urla: ‘Vecchio Mitrillo, portami il coccodrillo.'”
La principessa ringraziò la streghetta e andò subito alla riva del fiume. Aveva un pò di paura e man mano che avanzava la notte ebbe la sensazione che le sue gambe non la potessero più sorreggere. Poi sentì da lontano, dalla moschea, il canto di mezzanotte e disse sottovoce: “Vecchio Mitrillo, portami il coccodrillo!” Ma non successe niente. Poi prese tutto il suo coraggio e urlò (tutti i bambini): “Vecchio Mitrillo, portami il coccodrillo!”
Si alzò un vento fortissimo, le onde frangevano sulla riva del fiume e sotto un’onda gigantesca comparve il coccodrillo che disse con la sua voce rauca e feroce: “Perchè mi hai svegliato, stavo dormendo benissimo. Che cosa vuoi da me?” “Vorrei sapere il mio nome? Me l’hai rubato, ora dimmelo!”, rispose la principessa coraggiosa.” “Non faccio niente per niente. Che cosa mi dai in cambio? Se non mi dai niente, potrei assaggiare anche una tua gambetta. Ho sempre fame sai!” La principessa si spaventò, ma si ricordò delle sue caramelle che portava di nascosto sotto il vestito e gliene offrì una. “Vuoi questa? E’ dolce e sa di fragola, ma te la darò solo quando mi dirai il mio nome.” Il coccodrillo era golosissimo e non resistette: “Oh, dammi quella caramella, ti prego, da anni non mangio più le caramelle! Ti porterò dalla draghessa fantasma.
Ho consegnato a lei il tuo nome. Io non lo ricordo più. Da anni non faccio altro che rubare nomi di bambini appena nati per portarli a lei. Lei si nutre di questi nomi.” La principessa diede al coccodrillo la caramella e montò sulla sua schiena.
Il viaggio durò tanto. Nuotarono per tante ore nel fiume Mitrillo e sempre, quando il coccodrillo si stancava e gli veniva voglia di azzannare la gamba della principessa, essa gli dava una caramella. Il coccodrillo continuò così a nuotare finchè il fiume non sfociò in un lago scuro. “Ora siamo arrivati”, disse il coccodrillo in fretta, buttò giù la principessa e sparì. “Coccodrillo dove vai? Non mi lasciare da sola? Che cosa devo fare?”, disse spaventata la principessa. “Canta, canta, canta!” furono le ultime parole del coccodrillo prima
di scomparire nelle tenebre del lago. La principessa si alzò ed ebbe per la prima volta paura, ma davvero paura. Ci fu ancora tutto buio e le parve di sentire strani rumori che venivano dalle profondità del lago. Improvvisamente, vide l’ombra della draghessa e sentì una voce sottile, agghiacciante: “Non dovevi venire qui. E’ il mio regno. Ora devi morire!” La principessa sentì terribilmente freddo, sentì congelare i suoi piedi, le sue gambe, le sue braccia, ma quando stava per congelare anche il suo cuore, sentì quello che doveva fare: “Canta, canta, canta!” La principessa chiuse gli occhi e iniziò a cantare. Cantò la melodia che le dettava il suo cuore. (Canzone tumbalaleika) In quel momento spuntò fuori il primo raggio di sole e l’alba cacciò via l’oscurità della notte. La principessa sentì di nuovo le sue braccia, le sue gambe, i suoi piedi e la sua paura scomparve. Aprì gli occhi e vide la draghessa senza vita sulle sabbie del lago che si era prosciugato. C’era anche qualcos’altro sul fondo del lago prosciugato. Mille e ancora mille conchiglie di forme diverse. Una conchiglia stava proprio ai piedi della principessa.
Essa la raccolse e vide dentro una pergamena. La prese fuori, la srotolò e vi lesse un nome, un nome femminile: SAMIRA.
La principessa capì. Era il suo nome. Aveva trovato il suo nome. Finalmente! Era felicissima, più dell’infinito, così tanto che volle abbracciare tutto il mondo. Ma poi vide tutte queste conchiglie e si rese conto che anche esse portavano una pergamena con un nome scritto dentro. Raccolse quindi tutte le conchiglie per tutti i bambini che vivevano ancora senza nome. Con il pensiero di dare a loro la stessa felicità, la principessa Samira si mise alla ricerca di questi bambini e forse ancora oggi distribuisce qualche conchiglia a dei bambini senza nome. FINE
Esperimenti in cucina
Primo tentativo con il pane a lievitazione naturale: niente male. Farina integrale, kamut e tipo 0. E naturalmente il lievito madre. Adesso vogliamo vedere se si conserva veramente una settimana come dicono.